Partita la cosiddetta fase 2 della emergenza coronavirus, anche il Movimento per l’autonomia della Romagna (MAR) riparte. Il traguardo di una Romagna regione, che possa interloquire direttamente con Roma e con Bruxelles è fondamentale e va perseguito con forza.

Ancora vogliamo ringraziare tutti gli operatori del settore sanitario, tutte le forze dell’ordine e tutti coloro che hanno mantenuto in piedi l’Italia in questi ultimi due tragici mesi. Non dovremo dimenticarcene mai. Come oggi, in fase 2, non dobbiamo dimenticare che il pericolo non è scampato: occorre la massima attenzione, il massimo scrupolo, coscienza civica e responsabilità nel seguire pedissequamente le regole di distanziamento, nell’indossare le mascherine, nell’evitare assembramenti. Purtroppo pare che non a tutti sia chiaro. La battaglia contro il Covid-19 non è ancora vinta e non possiamo permetterci una ripartenza dei contagi. Sarebbe tragico da ogni punto di vista.

Ora, alla emergenza sanitaria che non è terminata, si affianca una grave crisi economica che colpisce tutti, indistintamente, famiglie, lavoratori, imprese. Occorreranno adeguate misure in campo economico, occorrerà reinventarsi e utilizzare tutta la materia grigia a nostra disposizione. Dovremo fare tesoro della terribile esperienza appena vissuta: se davvero tutto dovesse tornare come prima, significherebbe che non avremmo imparato nulla. Più spazio allo smart working, rimodulazione dei ritmi della nostra vita, più attenzione all’ambiente e al sociale, una Sanità da rivedere in quanto lacunosa strutturalmente (retta dal grande cuore e dalla professionalità dei propri operatori, medici e infermieri), una arretratezza nel dotare di banda larga l’Italia ed in particolare i territori più marginali (ma fondamentali) di alta collina e montagna ed essere così pronti ad affrontare una necessaria rivoluzione digitale, una burocrazia da snellire. Questi sono solo alcuni spunti di riflessione che dovremo approfondire e su cui dovremo agire concretamente.

In Romagna le difficoltà non mancano e non mancheranno. Due settori portanti per l’economia romagnola come il turismo e l’agricoltura sono in ginocchio.

Fra incertezze e indicazioni governative che tardano a giungere, le imprese romagnole del turismo dovranno reinventarsi, rispolverare quell’estro e quella capacità imprenditoriale che fecero grande la nostra riviera e la fecero conoscere a tutto il mondo. Andrà garantita la massima sicurezza ai turisti, la serenità. Ma in questo sforzo andranno aiutati dalle amministrazioni locali e nazionali. Non dobbiamo lasciare inascoltati i gridi di allarme recentemente giunti da più associazioni di categoria.

Dicasi lo stesso per la agricoltura romagnola che ha dovuto sommare alle crisi già citate, Covid-19 ed economica, un andamento meteorologico che non si vedeva dal 1997. Gelate tardive primaverile che in molti casi hanno portato danni dal 70 al 90 % alle principali produzioni frutticole tipiche dell’areale romagnolo: albicocche, susine, pesche, nettarine, kiwi giallo e kiwi verde.

E anche qui diventerà fondamentale da un lato sostenere le tante aziende agricole a rischio chiusura, e dall’altro lato, agendo sulla leva psicologica post Covid-19, rassicurare il consumatore garantendo un elevato standard di sicurezza alimentare, ponendo l’accento su origine e tracciabilità, su italianità e prodotto locale, e perché no anche sul biologico o comunque su metodi di coltivazione sempre più ecocompatibili e sostenibili.

La Romagna e l’Italia devono dare il meglio di sé e trovare l’energia per riorganizzarsi e ripartire. Magari anche in ordine sparso, applicando a pieno la Costituzione italiana e il titolo V, all’interno di una cornice di coordinamento nazionale, prendendo atto che alcune regioni già sono pronte per riaprire ulteriori attività in sicurezza. Ed in questo la Romagna dovrebbe pretendere un proprio ruolo, dovrebbe chiedere più autonomia per poter gestire in proprio, rapportandosi con Roma, il proprio territorio e le proprie specificità che sono chiaramente distinte da quelle emiliane.