Nei salotti estivi della politica spesso si discute di temi istituzionali e di riorganizzazione dello Stato italiano. Troppo spesso in maniera inconcludente, senza riuscire veramente ad approfondire i veri temi istituzionali che riguardano il paese. E la proposta di istituire delle macroregioni periodicamente riaffiora, così come nelle scorse settimane.

I fautori delle macroregioni sostengono che tali nuovi enti, avendo dimensioni maggiori, porterebbero ad una riduzione delle spese e avrebbero maggiore peso in Europa. Ognuno poi ha la propria ricetta miracolosa: dal professor Miglio, ideologo della Lega Nord, che alla fine del secolo scorso teorizzava 3 macroregioni (nord, centro, sud) alla fondazione Agnelli che ne proponeva 11. Chi ne propone 7, chi 9 e via discorrendo.

Al di là dei numeri e delle riorganizzazioni elaborate a tavolino, trovo sarebbe un grave errore accorpare le regioni italiane. Le istituzioni verrebbero allontanate dai cittadini, i quali non si riconoscerebbero più in contenitori artificiali, privi di una storia e cultura comuni. Verrebbe meno la sussidiarietà, il governo dal basso.

Inoltre le dimensioni di una regione non incidono necessariamente sulla efficienza burocratica, sulla gestione, sul peso politico, sulla rappresentanza. Se così fosse, perché negli USA, tanto per far un esempio, ci sono Stati di oltre 20 milioni di abitanti e Stati (ben 8 su 50) con meno abitanti della Romagna? Non si sarebbero accorpati, se conveniente? Il numero di abitanti non può essere preso in considerazione per stabilire ipotetiche ideali dimensioni di Stati e regioni.

E aggiungo infine, un elemento rilevante, l’aspetto economico. Come dimostra la Francia, ridurre il numero delle regioni non serve nemmeno a ridurre i costi. In Francia, paese equiparabile all’Italia per numero di abitanti, vi erano 22 regioni (esclusi i territori d’oltremare). Dal 1° gennaio 2016 la riforma istituzionale fortemente voluta dall’allora presidente Hollande ha portato ad accorpamenti e sono divenute operative 13 macroregioni. E le spese? Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, dati statistici ufficiali a 4 anni di distanza, sono aumentate. Senza nel contempo intravedere alcun aumento di peso in Europa. Un disastro.

Con certezza si può affermare che anziché proposte astratte e non convenienti, è più che mai improrogabile in Italia l’avvio di una riforma in senso decentralista dello Stato, che definisca chiaramente compiti e risorse, limiti di manovra di Stato e regioni, e che riconosca l’errore storico (più che mai attuale) di non aver elevato la Romagna a regione.

Chi oggi propone macroregioni in Italia è avversario del MAR e della proposta di Romagna regione. Una regione Romagna snella, senza province, che possa interloquire direttamente con Roma e Bruxelles. Questa è la proposta. Chi sta col MAR?